BULLISMO COME FORMA MENTIS
Oggi ero in giro per il parco con mio figlio, facevamo un giro, ci siamo seduti e davanti a noi c’erano tre bambini con due adulti, i bambini giocavano a palla. Ad un certo punto la palla si infila sotto un cespuglio, un bambino si china per prenderlo e, mentre è chinato, gli scappa una rumorosa puzzetta! Un bambino non se ne accorge e l’altro si, quello che se ne accorge inizia a prenderlo in giro e ridere, anche a me la cosa suscita simpatia, poi noto una cosa: il bambino che si era chinato si fa tutto rosso e dà la colpa ad un altro bambino che passava di là (evidentemente si voleva togliere in qualche modo dalla situazione), nel mentre l’adulto si intromette dicendo sempre a quel bambino: “dai che Carlo scherza!”.
Voi cosa avreste fatto?
Vi dico quello che ho pensato io subito dopo.
Quello che ho pensato, è che, con quella frase, la persona adulta (educatore/tutore), inconsapevolmente prepara la forma mentis del bullo. Quello che mi ha fatto pensare questa cosa, è la frase che dicono i bulli già grandi se gli si chiede perché fa quelle cose brutte/cattive, non le catalogano sotto quel file (brutte/cattive), ma la risposta sarà per lo più: “va beh ma stavo scherzando” (quante volte si è sentita questa frase nei fatti di cronaca?), non notate una somiglianza con la frase dell’adulto di prima?
Infatti il bullo facendo così si diverte, gioca ed è veramente convinto che sta solo scherzando. Con questo non dico che non si accorga di esagerare, ma quel comportamento, per lui, è sotto il file scherzo/burla = niente di cattivo, esagerato ma non cattivo (ritorno positivo: gioco – divertimento). A questo punto, diventa una forma mentis.
Ok, ma quale potrebbe essere una ipotetica soluzione?
Ovviamente, invece di spendere risorse per punire il bullismo a cose fatte, bisognerebbe spenderle per la prevenzione, ma come?
La mia idea è che si dovrebbe partire dall’asilo: ogni comportamento che può procurare in qualche modo imbarazzo in un bambino non va giustificato, non va messo sotto il file “scherzo” ma piuttosto sotto quello “da non ripetere”. Sembra meccanico parlare di files, ma non c’è bisogno di lauree plurime per capire che i bambini si organizzano i files, dove per files si intendono valori, convinzioni (Uso termine file per fare prima) e chi glie li propone questi files se non gli adulti?
L’atteggiamento dell’insegnante/tutore/genitore, in quei casi, dovrebbe essere il più distante possibile dai propri files, valori, convinzioni. Perché quello che per un adulto è importante potrebbe non esserlo per un bambino e viceversa. Per giustificare tali comportamenti, nell’età infantile, infatti, è di uso comune sminuirne l’importanza dicendo frasi che solitamente iniziano con un “va beh…”, l’intenzione di questo sminuire ovviamente è positiva e sarebbe: “sminuisco il comportamento = il bambino-vittima non ne risente emotivamente”.
A quel punto potrebbe accadere che, sia il bambino che scherzava che il bambino-vittima, si sentano legittimati a protrarre tale comportamento, perché è l’adulto stesso a legittimarlo.
In realtà, l’adulto, non dovrebbe calcolare il proprio background/file e stare piuttosto attento alle reazioni che ha il bambino in quei casi, nel qui e ora, valutare la situazione come se fosse la prima volta che accade, senza cadere in generalizzazioni (date dall’esperienza in quel campo). O, ancora meglio e anche più semplice, rifiutare questi comportamenti sempre, alla luce di quello che abbiamo detto prima.
Questo articolo sottolinea un’idea che ho avuto e scritto quasi nello stesso momento.
La mia intenzione è ben lontana dal voler imporre una regola, è un’umile e spontanea considerazione, scritta per stimolare un dialogo con chi leggerà questo articolo.
Vi invito quindi a commentare e lasciare il vostro parere su questo delicato argomento.
Un abbraccio
by Kristian Ruggeri - Counselor & Coach
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