(Counseling) Alla scoperta del consigliere interno
Nella sfera delle interazioni interpersonali, spesso ci si concede il lusso di pensare di poter aiutare le persone. Mossi da un sincero impulso umanistico consigliamo, sconsigliamo, addirittura, pensando che la nostra esperienza di vita sia la più giusta, quindi applicabile a qualsiasi essere umano, diciamo come “bisogna” vivere, in barba alla soggettività.
Tutto questo non è un male, considerando che si è sinceramente mossi dalle migliori delle intenzioni, il fatto è che spesso ci si dimentica di dare dei consigli “completi”. La maggior parte delle persone, infatti, è abituata a dare consigli che riguardano il contenuto del messaggio che si vuole fare arrivare a chi ci sta di fronte, con termini che spesso si riferiscono a cose non ben definite: impegno, libertà, migliorare, ecc…
E il “come”? Cioè, come faccio a sapere cosa vuoi dire tu con la parola impegno se non me lo spieghi? Come faccio a capire “come”, nello specifico, devo impegnarmi per migliorare la qualità del mio studio, lavoro, relazione amorosa e via dicendo?
Personalmente credo che il punto sia proprio lì, nel “come”, nel processo. Solo spiegando anche questo processo si riuscirebbe a far passare in modo adeguato il messaggio/consiglio che si sta comunicando.
Questo presupposto parte da alcune fondamentali domande/considerazioni: “io dico a questa persona che deve migliorare, ma se sapesse già come si fa non sarebbe già migliorato di suo? Se avesse una strategia per il miglioramento, chi glielo farebbe fare di starsene qui a sorbirsi la mia ramanzina sul “cosa deve fare”? Non è forse meglio che io gli fornisca un esempio, un modello, che per me funziona e se poi riconosce che gli si addice, lo utilizza anche lui? Se si accorge che non fa per lui, si trova insieme un’alternativa.
Certo, in questo modo ci si deve dare molto più da fare, perché ci si deve impegnare insieme all’altro per trovare una soluzione. D’altronde, se diamo consigli così tanto per darli, senza la minima voglia di attivarci veramente per risolvere, magari solo per dimostrare che diamo consigli…allora sarebbe meglio usare la tattica del silenzio!
Per fare un esempio, è di uso comune, quando un ragazzo va male a scuola o evidentemente non si impegna, apostrofare il ragazzo con un <>. E il “come” dove lo lasciamo? Povero ragazzo, io credo che se sapesse veramente come si fa ad impegnarsi, se avesse una sua strategia per l’impegno scolastico, non starebbe li tutti i giorni a sorbirsi i consigli più o meno sapienti di chi gli sta intorno.
Eh si, perché quando la mamma non ci riesce a “convincerlo” allora chiede al padre di intervenire, il quale, se non ci riesce, chiede allo zio che chiede alla sorella che lo manda dalla nonna che fa intervenire il nonno…che al mercato mio padre comprò!
Il risultato è un ragazzo adolescente con le scatole piene…come se fosse già un periodo facile il suo!
Allora qua serve un alleato, e questo alleato è il processo, il “come”!
Per esempio, dopo che gli si è detto che dovrebbe impegnarsi, gli si può proporre un nostro modello di impegno (proporre, non imporre), per vedere se calza con i suoi metodi, valori e personalità. Se non va bene quello, si fa uno sforzo insieme e se ne trova uno, l’importante è che si sia iniziato a lavorare in sinergia, per farlo sentire parte attiva nelle sue strategie piuttosto che passiva (solo a rileggerlo sembra assurdo ma alcuni lo fanno veramente!), ragazzo o ragazza, adulto, bambino o adolescente che siano, entrerà in un processo dinamico, che metterà in atto anche quando non ci sarà nessuno a consigliarlo. In modo che diventi lui stesso il suo consigliere.
Insegnare e lasciare che le persone diventino consiglieri di se stessi è fondamentale per la crescita personale, chi saprà darsi consigli utili e proficui sarà poi in grado di insegnare ad altri come fare.
A questo punto, il mio consiglio è…sii il consigliere di te stesso!
by Kristian Ruggeri - Coach & Counselor
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